Primavera 2020La Visso che conoscevo io è chiusa da anni. Il terremoto del 2016 l’ha svuotata completamente ancor prima del lockdown imposto dalla pandemia che ha colpito l’Italia e il mondo intero.
Oggi è una sorta di teatro interdetto, un patrimonio gravemente ferito racchiuso da allora in un’invalicabile zona rossa. Qui le restrizioni dovute al Covid-19 sono come un dito nella piaga. Ma la piazza storica del paese, sede del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, nonostante tutto sorprende ancora come una visione: si apre lungo la via principale che unisce, non solo idealmente, il territorio naturale a cavallo tra le regioni Marche e Umbria. Il mio racconto nell’Italia in-attesa è cominciato da qui, da Visso, perché, ascoltando il clamore mediatico e il ripetersi ossessivo nei telegiornali delle immagini di note piazze svuotate e private della loro funzione sociale, non ho potuto non pensare a questa piccola, bellissima piazza dimenticata da troppo tempo. Ho voluto così riportarla alla memoria di tutti in questo momento storico e darle voce col mio racconto, mostrandola per come è oggi, insieme ad altri luoghi che ho fotografato, anch’essi privi di qualsiasi presenza. L’essere umano si fa assenza e svuota le strade. A Urbino, lo scorrere del tempo sembra fermo/sospeso e ci viene suggerito soltanto dal sole, che muove le ombre degli edifici chiusi e delle statue come fossero meridiane. Il tempo che scorre ci viene rivelato anche dal suono, quello delle campane che scandiscono le ore ma non invocano la festa, tranne che nella città di Gubbio dove alle 19 in punto “il campanone” di Palazzo del Duca è stato suonato a lungo dai campanari, come ogni anno il 15 maggio. Quest’anno, però, Piazza Grande è vuota e silenziosa perché la secolare Corsa dei Ceri (tra le più antiche, se non in assoluto la più vecchia manifestazione folcloristica italiana) è stata annullata, un precedente storico capitato solo in occasione delle due guerre mondiali. In tutti questi luoghi, l’assenza di persone e di mezzi lungo le strade ci rivela suoni della natura non sempre facili da percepire: il rumore dell’acqua di una fontana che riecheggia tra le pareti di uno spazio vuoto viene interrotto soltanto dal volo rapido di rondini e rondoni. Sono i loro versi, che hanno interrotto il silenzio inquietante di Visso e della sua piazza resiliente con cui ha avuto inizio il mio racconto fotografico. Gli stessi, che sentivo mentre osservavo il sole nascosto da un velo di nubi, sopra la rampa che conduce alla basilica dedicata a Francesco ad Assisi. Nell’ultimo scatto della mia sequenza fotografica urbana, quello nella piazza di Gubbio ormai al crepuscolo, un volo di rondoni ci trasporta nel mondo rurale, dove le tracce di una mezzadria ormai estinta e della campagna ancora vissuta caratterizzano il paesaggio e rimandano ad antichi ritmi di vita secondo natura. Quella natura che, come rivela un nido ormai vuoto, senza soluzione di continuità, anche quest’anno ha inaugurato la sua primavera. Paesaggi Sonori: Nel mio viaggio attraverso l’Italia in-attesa, insieme alla macchina fotografica, ho portato con me anche un registratore professionale. Per alcune delle fotografie esposte in questa mostra, ho quindi voluto abbinare delle tracce audio a complemento delle immagini. Alcune di queste sono state registrate nello stesso momento in cui venivano scattate le fotografie; altre invece, come ad esempio quella del verso dell’assiolo, rimandano al soggetto rappresentato nell’immagine. Per immergersi completamente nell’esperienza che ho vissuto, sarà sufficiente far partire il player e ascoltare le tracce osservando la scena fotografata. |